Ancora oggi molti fotografi vengono da me e mi chiedono: << Luca… ma secondo te è utile pagare i critici d’arte per farmi recensire? E in generale, avere buone recensioni da parte di critica e giornali può aiutarmi a vendere di più? >>
In tal senso la mia risposta è sempre piuttosto netta.
Oggi i critici d’arte (e la critica fotografica, nello specifico) contano quasi meno di zero.
Per cui smettila di fargli la corte (o peggio ancora di pagare per essere recensito).
Vediamo insieme alcuni motivi.
Il mercato è cambiato
Galleristi, esperti d’aste e collezionisti sostengono all’unanimità che i critici hanno oggi pochissima influenza sul mondo dell’arte e sulle possibilità di successo di un artista.
E ancor meno influenza hanno sui gusti del pubblico e del mercato.
Oggi un critico d’arte di rilievo può al massimo influenzare il numero di visitatori di una mostra fotografica per artisti emergenti, anche se ormai il pubblico è abituato a filtrare certi giudizi con la consapevolezza che i critici tendono a essere spesso troppo indulgenti con gli esordienti.
Ma c’è di più.
I lettori sanno bene che ormai oggi il dibattito della critica non ha nulla a che vedere con quello che davvero importa al pubblico.
Il pubblico (e la maggior parte dei collezionisti) tendono infatti a mettere sullo stesso piano il valore estetico di un’opera e il valore tecnico.
Al contrario, i critici d’arte continuano a far coincidere la desiderabilità di un’opera con la sua originalità o il suo potere evocativo.
Detto in altro modo:
Per il pubblico e il mercato, un’opera può essere molto desiderabile anche se non è affatto nuova e per niente originale o evocativa.
Per il critico d’arte invece questa equazione è quasi una bestemmia.
Ma perchè questo accade?
Semplice:
I critici d’arte hanno approcci differenti perchè spesso sono in competizione tra di loro per trovare impieghi a tempo pieno come redattori, o per farsi pubblicare articoli da freelance sulle riviste, oppure per ingraziarsi qualche commissione universitaria al fine di ottenere una docenza.
I critici d’arte spesso elogiano il lavoro di un fotografo per compiacere gli editori… senza mettere in primo piano il servizio di orientamento che dovrebbero invece svolgere per il compratore di opere d’arte.
Come se non bastasse… gli articoli di critica d’arte e di critica fotografica hanno anche un’altra funzione “nascosta” e ben più “subdola”:
Aiutare a procacciare le inserzioni pubblicitarie da parte di coloro di cui parlano positivamente.
Tradotto: ti scrivo una buona recensione sul mio giornale in cambio dell’acquisto di uno spazio pubblicitario.
Molte riviste addirittura si rifiutano di recensire mostre di gallerie che non sono inserzioniste.
Capita spesso di leggere, per esempio, la recensione della mostra di un fotografo e poche pagine più in là trovare un’inserzione pubblicitaria che magari dice solo che quel tale artista è rappresentato da quella tale galleria (con tanto di indirizzo, sito web e numeri di telefono), nonostante il nome della galleria fosse già stato menzionato all’interno dell’articolo stesso.
Parte del costo della recensione viene quindi sostenuto dal gallerista che rappresenta l’artista in questione.
Così facendo, quindi, è in realtà il gallerista che commissiona a tutti gli effetti l’articolo… scegliendo anche il critico d’arte che immagina possa essere più benevolo e ricco di elogi.
In tal senso, il gallerista (o il curatore di una mostra da recensire) può pagare l’articolo direttamente alla rivista… oppure tramite l’acquisto di un’inserzione pubblicitaria, magari pagandola anche più del suo costo di listino.
Ma a chi giovano davvero le recensioni dei critici d’arte?
Anche in questo caso, giovano soprattutto all’artista e ai suoi collezionisti.
Ma aiutano poco o nulla in termini di maggiore visibilità e di nuove vendite.
I critici d’arte spesso scrivono testi per i cataloghi delle mostre che si tengono presso le gallerie (o per case d’aste) di secondaria importanza.
E quando devono scrivere testi su commissione, hanno le mani legate perché quei testi devono essere approvati prima della pubblicazione.
Oltre a questo, per molti di loro può essere più redditizio e prestigioso curare mostre o fare consulenze a collezionisti… piuttosto che scrivere articoli di critica o recensioni.
Tutto questo la dice lunga su come molti critici d’arte interpretano il loro ruolo.
Ricorda sempre che oggi il mercato dell’arte è profondamente cambiato rispetto al secolo scorso.
Nel secolo scorso i critici avevano un forte ruolo di orientamento del mercato e dei gusti del pubblico (e quindi delle vendite).
Non di rado creavano da zero delle vere e propri correnti artistiche che poi si tramutavano in nuovi filoni d’arte, e quindi nuove avanguardie.
Oggi non più.
Gallerie, case d’asta, mercanti, e collezionisti spostano molto di più in termini di vendite e di appetibilità.
Detto in soldoni: vendere fotografia artistica con successo, oggi, non equivale affatto ad avere un largo consenso tra critici e recensori. Anzi.
Quindi in sintesi:
Se hai la possibilità di farti recensire da un critico conosciuto ben venga questa opportunità.
Ma non fartene una malattia.
E soprattutto: non crearti troppe aspettative.
La verità è che oggi esistono strategie ben più efficaci e lungimiranti per renderti visibile come fotografo fine-art e soprattutto per mettere il tuo lavoro sotto gli occhi di clienti e collezionisti in tutto il mondo.
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